Quando l’azienda può tagliarti il bonus: lo dice la Cassazione

Ti è mai capitato di controllare la busta paga e avere la sensazione che qualcosa non torni? Magari un importo più basso, una voce scomparsa o un bonus che improvvisamente non c’è più. In tempi di incertezza e cambiamenti aziendali, ogni dettaglio economico pesa di più. Ma davvero il tuo datore di lavoro può decidere, da solo, di ridurti lo stipendio?

Una recente sentenza della Cassazione ha riacceso i riflettori su questo tema delicato, chiarendo quando le aziende possono modificare il trattamento economico senza violare i tuoi diritti. E la risposta potrebbe sorprenderti.

Persona che conta soldi
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Immagina di lavorare da vent’anni con un certo stipendio. Una parte di quel compenso non è lo stipendio base, ma un’aggiunta che ti spetta ogni mese, qualcosa in più che ti è stato riconosciuto da un accordo aziendale. Poi, all’improvviso, quella cifra scompare. Ti senti spiazzato, magari anche preso in giro. Ed è proprio una situazione del genere che ha portato la Corte di Cassazione a pronunciarsi nel 2025, con una decisione che sta facendo discutere lavoratori e datori in tutta Italia.

Non sempre lo stipendio è intoccabile

La sentenza n. 8150 del 2025 ha coinvolto alcune lavoratrici che si sono viste togliere un superminimo non assorbibile presente nella loro busta paga da oltre vent’anni. Questo emolumento era nato da un accordo aziendale del 1997, confermato poi nel 2004. Nel 2018, però, l’azienda ha deciso di disdire formalmente l’accordo, con effetto dal 2020. E con quella disdetta, è sparita anche la voce retributiva.

Martello giudice
Non sempre lo stipendio è intoccabile-crypto.it

Le dipendenti hanno contestato la scelta, sostenendo che fosse una violazione del principio dell’irriducibilità dello stipendio, sancito dall’articolo 2103 del Codice Civile. Ma la Corte ha dato ragione all’azienda, specificando che non si trattava di una riduzione arbitraria del contratto individuale. Il superminimo non era stato riconosciuto per meriti personali o mansioni specifiche, ma per compensare un cambiamento collettivo meno favorevole. E quindi, con la disdetta dell’accordo, era legittimo eliminarlo.

In sostanza, le condizioni economiche decise in un contratto individuale non possono essere cambiate senza il tuo consenso. Ma se un trattamento economico nasce da un accordo collettivo aziendale, questo può essere revocato seguendo le regole previste, anche se ti riguarda direttamente.

Cosa succede quando cambia il datore di lavoro?

Un altro aspetto importante chiarito dalla sentenza riguarda il trasferimento d’azienda. Quando cambia la proprietà o l’organizzazione, spesso cambia anche il contratto collettivo applicato. La legge protegge i lavoratori, ma solo fino a un certo punto. Il nuovo datore non è obbligato a mantenere in eterno le condizioni più favorevoli. Deve solo garantire che, al momento del passaggio, non ci siano peggioramenti “per il solo fatto del trasferimento”. Una volta terminata la validità dell’accordo precedente, può applicarne uno nuovo.

Nel caso specifico, il superminimo è rimasto attivo per oltre vent’anni. Quando è stato eliminato, lo è stato nel pieno rispetto delle norme. Nessuna forzatura, solo un cambiamento possibile e previsto dal sistema.

Ecco quindi il punto: non tutto ciò che percepisci ogni mese è garantito per sempre. Alcune voci in busta paga sono legate a decisioni collettive e, come tali, possono cambiare.

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