Un Papa che muore o si dimette può influenzare Wall Street? Un dubbio insolito, ma affascinante. Nel corso del tempo, ci sono stati anni in cui le vicende del Vaticano hanno coinciso con sorprendenti movimenti del mercato. Coincidenze o segnali? Scopriamo cosa raccontano i numeri.
Quando un Papa lascia il mondo terreno o rinuncia al trono di Pietro, il mondo si ferma per un momento. Ma anche la finanza si accorge di queste svolte epocali? Il legame tra Chiesa e mercati finanziari può sembrare sottile, eppure la storia offre spunti curiosi. Se è vero che il Papa guida l’anima del mondo cattolico, il Dow Jones rappresenta lo stato d’animo di Wall Street. E se i due mondi entrano in risonanza, anche solo per un attimo?

In alcuni anni cruciali del Novecento e oltre, si sono intrecciati eventi spirituali e dinamiche finanziarie. Per capire se davvero la scomparsa o le dimissioni di un pontefice abbiano avuto un effetto sull’umore degli investitori, abbiamo confrontato i dati del Dow Jones, l’indice storico di riferimento della Borsa americana, con le date dei grandi cambiamenti al vertice della Chiesa cattolica. Non si tratta solo di guardare cifre, ma di capire atmosfere e contesti storici. Il punto è: la morte o l’abdicazione di un papa influiscono sull’economia globale o sono solo rumori di fondo per i mercati?
Cosa dicono i numeri: la freddezza dei mercati davanti alla spiritualità
Partiamo dai fatti. Nel 1922, quando morì Benedetto XV, il Dow Jones salì del +21,7%. Non esattamente un clima di lutto sui mercati, ma un periodo di forte espansione post-bellica. Nel 1939, con la morte di Pio XI, il Dow perse solo il 2,9%, in un’Europa sull’orlo della guerra. Nel 1958, anno della morte di Pio XII, l’indice volò a +35%, mentre nel 1963, con la scomparsa di Giovanni XXIII, chiuse a +17%. Numeri legati più al contesto economico che religioso.

Situazione diversa nel 1978, con due papi deceduti in pochi mesi: Paolo VI e Giovanni Paolo I. L’indice scese di un modesto 3,1%, mentre l’inflazione e l’incertezza energetica dominavano la scena. Nel 2005, alla morte di Giovanni Paolo II, il Dow chiuse poco sotto lo zero (-0,6%), riflettendo una fase di assestamento post-bolla. Infine, nel 2013, con lo storico gesto di Benedetto XVI, il mercato esplose: +26,5%, complice la politica monetaria espansiva della Fed.
La religione non spaventa Wall Street: cosa possiamo dedurre?
Guardando questi dati, è difficile sostenere che esista una relazione diretta tra le dimissioni di un Papa o la sua morte e l’andamento della Borsa di New York. Come spiegano gli analisti di Morningstar e Bloomberg, i mercati sono molto più sensibili a tassi di interesse, inflazione e politica fiscale che a cambiamenti religiosi, per quanto eclatanti.
La Chiesa cattolica ha un impatto culturale e morale, ma non influenza le dinamiche macroeconomiche statunitensi. Per questo, il Dow tende a ignorare la notizia, a meno che non coincida con eventi più rilevanti o crisi geopolitiche. Tuttavia, è interessante notare come in anni segnati da eventi spirituali, i mercati si siano mossi con decisione. Forse perché ogni cambiamento al vertice della Chiesa cattolica riflette anche una trasformazione nel clima globale.
Dunque, sebbene non si possa parlare di correlazione causale tra Papa e finanza, resta il fascino di una coincidenza che fa riflettere. Magari Wall Street non prega, ma ogni tanto sembra voltarsi verso Roma.