Pochi sanno che l’Inps riconosce l’indennità di accompagnamento anche a chi cammina solo in casa

Una persona può ricevere un sostegno economico anche se riesce a lavarsi, vestirsi e cucinare da sola? E se, invece, il vero ostacolo fosse uscire di casa, affrontare le scale, prendere un autobus o camminare per pochi metri senza sentirsi al sicuro?

Le difficoltà non sono sempre visibili. In certi casi, la legge, pur sembrando rigida, apre spiragli importanti. Lo ha riconosciuto anche la Corte di Cassazione, tracciando una strada che pochi conoscono.

Martello giudice
Indennità di accompagnamento Inps anche per chi cammina solo in casa-crypto.it

Immagina una donna anziana, ancora lucida e autonoma nella sua casa. Si prepara il caffè, prende le medicine, rifà il letto con calma. Ma poi arriva il momento di uscire, e lì inizia un’altra storia. Le gambe tremano, le scale del palazzo senza ascensore sono pericolose, l’ansia cresce. Ogni passo fuori casa è una sfida. In questi casi, nasce spontaneo un dubbio: l’indennità di accompagnamento Inps spetta anche a chi è autonomo in casa, ma non fuori?

Quando l’autonomia si ferma alla porta di casa

Linda ha 79 anni, vive da sola e dentro casa riesce a gestirsi. Prepara da mangiare, prende le medicine, tiene tutto in ordine. Ma appena mette piede fuori, la situazione cambia: le scale del condominio sono ripide, non c’è ascensore, e anche solo andare a comprare il pane diventa impossibile da sola. Così, sua figlia Cristina si rivolge a un CAF per capire se la madre possa accedere all’indennità di accompagnamento. E lì scopre qualcosa di inaspettato. Vediamo di cosa si tratta.

Persona che mette panni in una lavatrice
Quando l’autonomia si ferma alla porta di casa-crypto.it

L’Inps, sul proprio sito ufficiale, specifica che questa indennità è riservata a chi non può camminare autonomamente o compiere gli atti della vita quotidiana. Ma la Corte di Cassazione, con una storica sentenza del 2004 (n. 8060), ha precisato che anche chi non riesce a uscire da solo di casa può averne diritto. Da allora, la Corte ha ribadito questi concetti in successive pronunce, sottolineando che il diritto all’indennità non è riservato solo a chi è totalmente non autosufficiente, ma può spettare anche a chi ha bisogno di aiuto per uscire e svolgere attività essenziali, se ciò è certificato da una commissione medico-legale.

In alcuni casi, la Cassazione ha confermato che l’indennità può essere concessa anche in presenza di parziale autosufficienza, se la persona non riesce ad affrontare l’ambiente esterno senza assistenza. Non solo, in altri,  chiarisce che la valutazione deve tenere conto delle difficoltà pratiche della vita quotidiana, non solo delle condizioni cliniche. E successivamente ha stabilito che anche in assenza di gravi patologie, l’indennità è riconoscibile se la persona non può provvedere da sola alle necessità minime fuori casa.

La legge, l’Inps e la voce della Cassazione

La norma di riferimento è l’articolo 1 della legge 18 del 1980. Parla chiaramente di impossibilità di deambulare senza aiuto o di compiere gli atti quotidiani. Ma la realtà è più sfumata di quanto una legge scritta possa raccontare. E qui interviene la giurisprudenza. Le sentenze della Cassazione hanno interpretato questa norma tenendo conto della condizione concreta della persona.

L’Inps deve adeguarsi a queste linee interpretative, purché tutto venga certificato da una commissione medico-legale. Il caso di Linda, come quello di tanti altri, dimostra che anche chi sembra cavarsela potrebbe aver bisogno di un aiuto. Perché il problema non è solo se una persona riesce a prepararsi un pasto. Ma se può andare a comprarlo.

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