Lavorare da casa è il sogno di molti, ma per qualcuno può essere una necessità vera e propria. Cosa succede quando chi lo chiede ha una disabilità e si sente dire no? C’è chi ha deciso di non arrendersi e ha portato la sua battaglia davanti alla legge. Il risultato?
Una sentenza sorprendente che potrebbe cambiare il destino di tanti lavoratori. E no, non si tratta solo di buone intenzioni o raccomandazioni. Qui si parla di diritti veri, messi nero su bianco.
Flavio (personaggio immaginario) lavora in una banca di credito cooperativo, è stimato e apprezzato per la sua professionalità. Ma ogni giornata lavorativa rappresenta per lui una sfida, a causa di una disabilità che rende difficile e faticoso raggiungere fisicamente l’ufficio. Durante la pandemia aveva scoperto quanto il lavoro da remoto potesse migliorare la sua qualità di vita. Nessun pendolarismo, meno stress, maggiore efficienza.
Terminata l’emergenza, la banca ha deciso di riportare tutti in presenza. Flavio ha chiesto una deroga, una soluzione ibrida. Ma la risposta è stata un no categorico. Niente lavoro da casa, nemmeno per lui. È stato allora che recentemente ha deciso di rivolgersi a un avvocato. Cercava una via, un appiglio legale. Quello che ha trovato è stato molto di più: una sentenza della Cassazione che avrebbe potuto ribaltare la situazione.
Nel 2025, la Corte di Cassazione ha emesso la Sentenza n. 605/2025, destinata a segnare un punto di svolta. Secondo questa decisione, i lavoratori disabili hanno diritto a svolgere le proprie mansioni in smart working, anche in assenza di un accordo con il datore di lavoro, purché ciò non comporti oneri economici sproporzionati per l’azienda. Una novità che va ben oltre le linee guida o le buone pratiche: si tratta di un riconoscimento giuridico.
Questa sentenza non crea solo un precedente legale, ma apre anche un importante spazio di riflessione. In un mondo dove le tecnologie permettono di lavorare ovunque, perché negare questa possibilità proprio a chi ne ha più bisogno? Il lavoro flessibile, in certi casi, è l’unico modo per garantire piena partecipazione e inclusione.
L’avvocato di Flavio ha utilizzato questa sentenza per sostenere il suo caso. Il lavoro da remoto richiesto non comportava spese aggiuntive né comprometteva l’efficienza del servizio.
La storia di Flavio è un esempio concreto di come il diritto possa diventare strumento di equità. La sua battaglia ha avuto un impatto non solo personale, ma anche collettivo. Il riconoscimento del diritto allo smart working per disabili rappresenta una tutela fondamentale, che supera le rigidità aziendali e valorizza la persona.
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