Hanno lavorato una vita, fatto sacrifici, accettato occupazioni sottopagate solo per “coprire i contributi”. Ma cosa succede se quegli anni penalizzano davvero l’importo della pensione? Forse non è tutto perduto.
Una recente sentenza della Cassazione n. 30803 del 2 dicembre 2024 ha aperto spiragli inaspettati che potrebbero cambiare il destino previdenziale di molte persone, anche di chi è già a un passo dal pensionamento. In questa storia, ci sono Antonella e Manlio. E forse, in fondo, ci sei anche tu.
Antonella e Manlio sono sposati da trent’anni e ormai contano i giorni che li separano dalla pensione. Lei ha sempre lavorato come impiegata part-time in uno studio legale, lui ha fatto il muratore per quasi quarant’anni. Due vite di lavoro silenzioso, spesso sottopagato, sempre onesto. E adesso, dopo tutto questo tempo, la prospettiva di una pensione che non basta nemmeno per affrontare le spese mensili. Il loro timore? Quei maledetti anni con redditi troppo bassi, i famosi contributi sfavorevoli, che rischiano di abbattere ulteriormente l’importo.
Poi un giorno, navigando online, Antonella legge di una sentenza recente della Cassazione, la n. 30803 del 2 dicembre 2024. Parla di una cosa chiamata “neutralizzazione dei contributi sfavorevoli”. E qualcosa si accende.
Nel sistema contributivo, più versi e più guadagni, almeno in teoria. Ma non tutti i contributi sono “utili” allo stesso modo. Se hai lavorato con un part-time involontario, se hai accettato un contratto da pochi euro pur di non restare scoperto, se hai attraversato periodi difficili con redditi quasi nulli… quegli anni ora ti tornano indietro come un boomerang. La pensione si calcola sulla base dei versamenti e quei periodi a basso reddito abbassano la media.
Manlio ne sa qualcosa. Negli anni ’90, per non restare senza copertura, ha lavorato in cantieri con contratti da fame, registrando contributi minimi. Ora, nel calcolo della sua pensione di vecchiaia, quegli anni pesano. Ma secondo la recente pronuncia della Cassazione, c’è una via d’uscita.
La neutralizzazione dei contributi penalizzanti è una possibilità nuova e reale. La Cassazione ha stabilito che è possibile escludere fino a cinque anni di versamenti sfavorevoli dal calcolo della pensione, migliorandone così l’importo. È una novità che riguarda chi ha compiuto 67 anni o ha maturato i requisiti per la pensione anticipata.
Questo significa che Antonella potrebbe finalmente liberarsi di quegli anni in cui lavorava part-time mal retribuita mentre cresceva i figli. Quegli anni non verrebbero più conteggiati, migliorando la media e quindi l’assegno mensile. Lo stesso vale per Manlio, che spera in un ricalcolo più giusto.
Non è una procedura automatica: serve rivolgersi a un patronato o a un consulente previdenziale, raccogliere la documentazione e presentare richiesta all’INPS. Ma in molti casi, l’aumento può essere significativo. Alcuni esperti parlano di un incremento anche del 10-15% sulla prestazione previdenziale. Non parliamo di cifre da capogiro, ma per chi vive con 1000 euro al mese, 100 euro in più fanno una grande differenza.
È un’opportunità che merita attenzione, specialmente in un periodo in cui le pensioni diventano sempre più magre e il costo della vita continua a salire. Se anche tu hai attraversato fasi lavorative complicate, magari vale la pena chiederti: quegli anni ti stanno ancora penalizzando?
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