La pensione donna raggiungibile al compimento di 61 anni non sempre è concessa in caso di licenziamento.
Ogni scivolo di pensionamento anticipato prevede requisiti e condizioni da rispettare per poterne usufruire. Opzione Donna, la misura dedicata alle lavoratrici nasconde delle insidie per chi viene licenziata.
Il licenziamento è un vero trauma indipendentemente dall’età del lavoratore che si ritrova in mezzo ad una strada. Certo è che quando si è avanti con gli anni le possibilità di trovare una nuova occupazione diventano molto scarse e potrebbe essere preferibile andare in pensione anche se con meno anni di contributi e, dunque, con un assegno più basso. Tra le misure dedicate a chi è stato licenziato c’è l’APE Sociale.
Non si tratta di una vera e propria pensione ma di un’indennità di accompagnamento fino al raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia. Si può approfittare dello scivolo al compimento dei 63 anni e 5 mesi e avendo maturato 30 anni di contributi. In alternativa per le lavoratrici c’è Opzione Donna. Misura confermata dalla Legge di Bilancio 2025, permette di andare in pensione alle disoccupate/impiegate in azienda in stato di crisi, alle invalide con percentuale minima del 74% e alle caregiver da almeno sei mesi. Attenzione, però, al dettaglio della disoccupazione.
Per andare in pensione con Opzione Donna non basta essere disoccupate a causa di un licenziamento all’interno di una crisi aziendale. Seconda la normativa che disciplina lo scivolo, infatti, è necessario che sulla vertenza riguardante aziende con minimo 250 dipendenti si sia aperto un tavolo di crisi presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (articolo 1 comma 852 Legge 296/2006).
Secondo la disposizione normativa, infatti, per accedere a Opzione Donna serve aver maturato minimo 35 anni di contributi al 31 dicembre 2025, aver compiuto 61 anni di età e appartenere ad una delle tre categorie tra cui ci sono le lavoratrici licenziale o dipendenti in esubero presso imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto nella struttura per la crisi d’impresa. Se l’azienda dovesse seguire una procedura differente allora la lavoratrice licenziata sarà esclusa dalla possibilità di pensionamento con Opzione Donna.
Se il tavolo al Ministero, invece, è stato aperto e soddisfacendo tutti gli altri requisiti allora sarà possibile andare in pensione con questo scivolo che, ricordiamo, prevede l’accettazione del sistema di calcolo contributivo pur avendo iniziato a versare contributi prima del 1996. Significa subire un taglio dell’assegno tra il 10 e il 30% a seconda di quanti contributi sono stati maturati fino al 31 dicembre 1995.
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