Quando si vede un numero alto, è facile pensare di aver trovato l’investimento perfetto. Ma basta scavare appena sotto la superficie per capire che non tutto luccica. In questa storia vera, un risparmiatore come tanti ha imparato una lezione che vale più di qualsiasi cedola: quella del rapporto tra rischio e rendimento.
Una cifra ti può affascinare, ma è la realtà dei mercati che presenta il conto. E spesso, quando arriva, è più salato del previsto.
Adelmo è una persona attenta, ma anche un po’ ingenua. Uno che si informa, legge i giornali economici, e pensa di potersi muovere bene nel mondo degli investimenti. Un giorno, tra una pagina e l’altra, si imbatte in un’obbligazione che gli fa brillare gli occhi: EIB TF 7,25% GE30 ZAR, scadenza 2030, rendimento effettivo netto del 6,87%. Lo confronta subito con il BTP 1.35 – 01AP30, che rende solo il 2,57% netto. Il confronto non regge: sembra un’occasione imperdibile.
C’è però un dettaglio che Adelmo all’inizio sottovaluta: l’obbligazione, emessa da un ente molto affidabile, è in rand sudafricani, non in euro. Questo vuol dire che chi compra, non solo presta soldi all’emittente, ma investe in valuta estera. Ed è proprio qui che si nasconde il vero rischio: quello di cambio.
Guardando solo alla cedola annuale del 7,25%, sembrerebbe di avere tra le mani una miniera d’oro. Ma chi ha comprato questa obbligazione nel 2020, ha dovuto fare i conti anche con un altro numero: il cambio tra euro e rand. In quell’anno, infatti, un euro valeva 15,7008 rand, mentre oggi ne vale 21,5562. Una svalutazione del 37,29%.
E qui viene il punto dolente. Chi ha investito pensando di incassare cedole ricche, ha effettivamente ricevuto quei pagamenti ogni anno. Ma quando si convertono in euro, valgono molto meno di quanto ci si aspettasse. E il capitale finale? Anche quello si è eroso con la svalutazione. In pratica, l’intero investimento è stato quasi mangiato dal cambio.
Facendo due conti, il rendimento reale, considerando sia le cedole che la perdita sul capitale, è stato per il momento inferiore a quello dei BTP italiani di pari durata e scadenza. È paradossale: chi ha puntato sulla carta vincente ha finito per guadagnare meno di chi ha fatto la scelta più prudente. Per i prossimi 5 anni il BTP 1.35 – 01AP30 renderà solo il 2,57% netto, non subirà l’effetto del cambio. Batterà ancora l’obbligazione in rand?
Questo tipo di esperienza dimostra una cosa fondamentale: il rischio valutario può annullare completamente un rendimento elevato. E il problema è che spesso è invisibile. Non lo vedi nel foglio informativo, non lo senti nei discorsi degli intermediari, ma è lì, pronto a colpire nel lungo periodo.
Investire in obbligazioni in valuta straniera non è sbagliato di per sé, ma richiede consapevolezza. Non basta guardare la cedola: bisogna domandarsi che impatto avrà il cambio nel corso degli anni. E oggi più che mai, in un contesto di incertezza geopolitica e movimenti improvvisi delle valute, questo tipo di rischio pesa moltissimo.
Adelmo oggi lo ha capito. Non basta un numero alto per dire che un investimento sia buono. Se dietro quel numero si nasconde un rischio che non si è pronti a gestire, il guadagno si trasforma in illusione. E a quel punto, anche un rendimento modesto, ma stabile e in euro, può rivelarsi la scelta migliore.
La vera domanda, alla fine, non è quanto si guadagna sulla carta. È: quanto resta davvero in tasca, una volta tolti tutti i rischi? E tu investiresti nei prossimi 5 anni su quest’obbligazione in valuta o sul BTP?
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