Può una semplice sentenza ribaltare una decisione che sembrava definitiva? E se fosse proprio quel foglio timbrato a restituire dignità a chi pensava di averla persa?
In una vicenda che ha come protagonista una donna come tante, un giudice ha detto “no” a una revoca ritenuta ingiusta. Un “no” che pesa. In mezzo, un ente pubblico, una procedura poco chiara e l’assegno di inclusione che improvvisamente sparisce. Ma le carte, a volte, parlano più forte di qualsiasi ufficio. E rimettono tutto in discussione.

Genoveffa non è un nome che senti spesso. Ma la sua storia è più comune di quanto immagini. Vive in provincia, tra mille difficoltà economiche. Dopo anni di fatica, trova finalmente un po’ di sollievo grazie all’assegno di inclusione, una misura che le consente di pagare le bollette e comprare qualcosa da mettere in tavola. Tutto fila liscio, finché un giorno non arriva una comunicazione: l’INPS ha deciso di revocare il beneficio.
Nessuna spiegazione chiara, solo parole fredde e burocratiche. Genoveffa si sente persa, arrabbiata, ma non si arrende. Va al suo CAF, dove un operatore esperto le mostra una sentenza fresca di stampa. È un’ordinanza del Tribunale di Chieti, datata 9 gennaio 2025. E proprio lì, tra le righe, trova qualcosa che sembra scritto per lei.
Quando il tribunale dice no: il caso che può cambiare tutto
Il Tribunale di Chieti ha stabilito che la revoca dell’assegno di inclusione da parte dell’INPS è illegittima se non viene motivata in modo chiaro e approfondito. In altre parole, prima di togliere un aiuto così importante, bisogna fare una istruttoria seria, valutare i documenti, ascoltare le ragioni della persona. Non basta un sospetto o una verifica frettolosa.

Il giudice ha sottolineato quanto sia fondamentale che l’INPS non si limiti a inviare una comunicazione automatica. Ogni caso va analizzato singolarmente. E nel caso oggetto dell’ordinanza, proprio come nel caso di Genoveffa, questo non è accaduto. La sentenza ha aperto la strada a un ricorso. E Genoveffa l’ha fatto. Con il supporto del suo CAF, ha potuto dimostrare che la revoca era ingiustificata. E ha ottenuto nuovamente il diritto al sostegno.
Questa vicenda ha un peso che va oltre la singola persona. Perché se un tribunale ha dato ragione a un cittadino contro l’INPS, anche altri nella stessa situazione potrebbero far valere i propri diritti. È un precedente importante, che apre le porte a nuove verifiche, nuove domande, e forse anche a una maggiore attenzione da parte dell’ente pubblico.