Mentre le Borse globali crollano a causa delle nuove tariffe annunciate da Donald Trump, il Bitcoin resiste. Anzi, nei giorni più turbolenti sui mercati azionari, la criptovaluta ha addirittura sovraperformato l’S&P 500, spingendo analisti e investitori a interrogarsi sul suo nuovo ruolo come asset difensivo. Ma ora la minaccia arriva dalla Federal Reserve.
Le nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti – le cosiddette “Liberation Day tariffs” – hanno colpito duramente l’economia globale e i mercati finanziari. Le misure, annunciate il 2 aprile 2025 dal presidente Donald Trump, prevedono un dazio generalizzato del 10% su tutte le importazioni, con aliquote più elevate per Cina, Vietnam e Costa d’Avorio. Le Borse non hanno tardato a reagire: l’S&P 500 ha perso il 4,8% in un solo giorno, il Nasdaq ha lasciato sul campo il 6% e il Dow Jones il 4%.
Anche il Bitcoin è sceso andando sotto i 70.000 $, dimostrando una resilienza sorprendente rispetto a quanto accaduto in passato. Secondo quanto riportato da Crypto.news, molte altcoin hanno seguito lo stesso comportamento, evitando il crollo e attirando flussi di capitale da parte di investitori in fuga dalle azioni. Questo ha riacceso il dibattito sul ruolo del Bitcoin come bene rifugio, in particolare in contesti di crisi geopolitica ed economica.
A raffreddare gli entusiasmi è però intervenuto il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che ha lanciato un avvertimento “shock” sul rischio di nuove pressioni inflazionistiche legate alle politiche commerciali dell’amministrazione Trump. Secondo Powell, le tariffe potrebbero costringere la Fed a mantenere tassi più alti più a lungo, vanificando le aspettative di un allentamento monetario nel breve termine.
Questo scenario rappresenta una minaccia anche per il mondo crypto. Storicamente, infatti, i Bitcoin e le altcoin tendono a performare meglio in contesti di politica monetaria espansiva. Una Fed più aggressiva potrebbe raffreddare l’interesse per gli asset più rischiosi, proprio come accaduto durante i cicli di rialzo dei tassi nel 2022–2023.
Analisti di Morgan Stanley hanno già rivisto al ribasso le previsioni per il mercato delle criptovalute nel secondo semestre del 2025, sottolineando che l’incertezza regolatoria, unita a politiche monetarie restrittive, potrebbe innescare prese di profitto consistenti anche su Bitcoin. Dello stesso avviso è CryptoQuant, secondo cui l’attuale consolidamento sopra gli 80.000 $ potrebbe non durare in assenza di catalizzatori positivi.
L’attuale crisi ha riportato l’attenzione su una vecchia domanda: il Bitcoin è davvero un’alternativa credibile all’oro come bene rifugio? O resta un asset speculativo che beneficia solo di fasi di euforia?
Secondo Mike McGlone di Bloomberg Intelligence, la recente resilienza del Bitcoin può essere spiegata dalla crescente adozione istituzionale e dalla scarsità intrinseca dell’asset, ma l’alta volatilità e la sensibilità a eventi macro ne limitano ancora il pieno riconoscimento come porto sicuro.
La realtà è che il comportamento del mercato crypto nei prossimi mesi dipenderà da variabili esterne: politiche della Fed, tensioni geopolitiche e regolamentazioni. Per ora, il Bitcoin ha superato il primo test, ma i rischi all’orizzonte restano elevati. Gli investitori dovranno valutare con attenzione il rapporto tra rendimento atteso e volatilità potenziale.
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