Attenti alla PEC che spaventa: arriva la richiesta documenti sui bonus edilizi da parte di Poste Italiane

Una lettera da Poste Italiane può cambiare la giornata. Soprattutto se ti chiede di giustificare quello che hai fatto anni fa con i bonus casa.

Migliaia di cittadini stanno ricevendo richieste ufficiali legate ai crediti d’imposta ceduti tra il 2020 e il 2022. Tre nomi, tre storie comuni: Alessio, Ginetto e Fiorella. Tutti hanno ceduto crediti fiscali a Poste, e oggi si trovano coinvolti in una verifica che ha più il sapore della caccia alle responsabilità che della semplice raccolta di documenti.

Arrivo email
Attenti alla PEC: arriva la richiesta documenti sui bonus edilizi da parte di Poste Italiane-crypto.it

Immagina la scena: una sera tranquilla, apri la casella PEC o una raccomandata. Leggi: “Richiesta documentazione cessione crediti edilizi”. Ti si gela il sangue. Magari avevi dimenticato tutto: era il periodo dei bonus casa, del Superbonus, degli sconti in fattura e delle cessioni facili. Oggi, invece, ti si chiede di recuperare ogni carta, ogni dettaglio. Ma non è un controllo fiscale, è una vera e propria chiamata a dimostrare che non hai fatto nulla di male. E se non riesci? Il rischio è reale, e coinvolge sempre più persone. Proprio come Alessio, Ginetto e Fiorella.

Bonus casa nel mirino: la stretta di Poste Italiane sui crediti ceduti

Negli ultimi mesi, Poste Italiane ha avviato un’operazione antifrode su mandato indiretto dell’Agenzia delle Entrate, per chiarire la natura dei crediti d’imposta presenti nei propri portafogli. Si tratta in particolare dei bonus edilizi ceduti tra il 2020 e il 2022, periodo in cui la normativa era molto più permissiva e il controllo documentale quasi inesistente.

Lavori di ristrutturazione
Bonus casa nel mirino: la stretta di Poste Italiane sui crediti ceduti-crypto.it

La legge all’epoca consentiva la cessione dei crediti senza dover allegare tutta la documentazione tecnica o fiscale. Bastava una descrizione generale, e la transazione era completata. Ma ora, con le modifiche introdotte nel 2023, le maglie si sono strette. Poste chiede ai cittadini: fatture, titoli abilitativi, bonifici parlanti, asseverazioni, visto di conformità e perfino la dichiarazione antiriciclaggio. Tutto entro 30 giorni.

Ecco allora che storie come quella di Fiorella, insegnante precaria che si era affidata a un’impresa “chiavi in mano”, diventano emblematiche. L’impresa oggi non risponde, i documenti mancano, e la paura cresce. Ginetto, pensionato, non ha nemmeno idea di cosa sia una PEC, e si affida alla nipote per rispondere. Alessio, più strutturato, è alle prese con il commercialista per recuperare ogni documento, ma teme comunque di aver dimenticato qualcosa.

Cosa succede ora? La trappola della buona fede

Il punto più delicato è proprio questo: molti, come i nostri tre protagonisti, hanno agito in buona fede, affidandosi a tecnici, imprese e consulenti. Ma oggi, quella fiducia rischia di costare cara. Non è stato ancora chiarito cosa accadrà a chi non riuscirà a fornire tutta la documentazione. Si parla di possibili azioni legali o richieste di restituzione. Intanto, la prescrizione viene sospesa.

Il sospetto che emerge è che si stia cercando di colmare con verifiche tardive una falla di sistema che avrebbe dovuto essere chiusa prima. Ora, il peso della trasparenza ricade tutto su chi aveva solo cercato di migliorare la propria casa. Ma cosa succede se la burocrazia si è mangiata le prove? Cosa fare se un documento è andato perso?

Gestione cookie