Petrolio contro S&P 500: due traiettorie, due logiche, un solo mercato. Il confronto tra il prezzo del greggio e l’indice azionario USA mostra come le correlazioni siano variabili e spesso sorprendenti. Ecco cosa raccontano gli ultimi 35 anni.
Quando si parla di investimenti, raramente si mettono a confronto diretto due asset così diversi come il prezzo del petrolio e l’S&P 500. Il primo è materia prima pura, soggetta a shock geopolitici, decisioni OPEC e squilibri tra domanda e offerta. Il secondo è un indice rappresentativo della borsa americana, con un peso crescente dei settori tech e finanziari. Eppure, il grafico che unisce l’andamento dei due mostra momenti di convergenza, divergenze nette e una lezione chiara: il contesto fa tutta la differenza.

Negli anni ‘90, mentre l’S&P 500 cresceva grazie al boom tecnologico e a un’economia in espansione, il petrolio restava laterale, oscillando tra 15 e 30 $. Non c’era correlazione evidente. Ma tra il 2000 e il 2008, la musica cambia: il petroliosale vertiginosamente fino a toccare quasi 140 $ al barile, mentre l’indice azionario continua a salire con più lentezza. È l’unico periodo di vera convergenza rialzista. Poi arriva il 2008: con la crisi finanziaria, entrambi crollano, ma mentre l’S&P 500 recupera terreno già dal 2009, il petrolio inizia una fase di estrema volatilità.
Il decennio 2010–2020: due mondi che si separano
Tra il 2010 e il 2020 le strade si dividono nettamente. Il petrolio rimbalza dopo la crisi, ma fatica a mantenere quota. Il crollo del 2014 lo porta sotto i 40 $, mentre l’S&P 500, trainato dai titoli tecnologici e dai tassi bassi, avanza con forza. La divergenza è evidente: i mercati azionari vivono una fase di espansione, mentre l’energia soffre per eccesso di offerta e transizione energetica.
Durante la pandemia di Covid-19, nel 2020, lo shock è simmetrico solo in apparenza. L’S&P 500 perde bruscamente a marzo, ma si riprende rapidamente grazie agli stimoli monetari. Il petrolio, invece, vive il suo momento più drammatico: i future sul WTI vanno sotto 0 $ ad aprile. È il simbolo di quanto possa essere volatile una materia prima legata alla logistica e alla domanda industriale.

Nel biennio 2021–2023, il greggio recupera, grazie alla riapertura post-pandemia e alle tensioni geopolitiche. Ma il rally è breve. L’S&P 500 continua a crescere fino al 2022, prima di frenare per l’inflazione e le mosse della Fed. Negli ultimi mesi, il divario si è riaffacciato: il petrolio mostra debolezza strutturale, mentre l’indice USA ha toccato nuovi massimi storici.
Strategie diverse, orizzonti diversi
Dal confronto emerge una considerazione importante per gli investitori: il petrolio è ciclico e tattico, mentre l’S&P 500si conferma un asset di lungo periodo. Chi cerca rendimento stabile e progressivo guarda alle azioni americane. Chi cerca esposizione a trend globali di breve periodo – come guerre, inflazione, shock energetici – guarda al petrolio.
In ottica di diversificazione, entrambi possono avere un ruolo, ma con una consapevolezza: sono strumenti con logiche molto diverse. E i 35 anni raccontati dal grafico mostrano che spesso si muovono in direzioni opposte. Sfruttare questa dinamica può fare la differenza in un portafoglio costruito con criterio.