Malati di Alzheimer e RSA: questa sentenza fa la differenza

Ti sei mai chiesto se esiste un modo per alleggerire davvero il peso economico e morale che la malattia di Alzheimer impone a tante famiglie italiane?

Tre storie diverse, un solo interrogativo: chi deve pagare quando l’assistenza diventa necessaria? In questo articolo si parla di soldi, diritti, giustizia e soprattutto di dignità. Perché quando una persona cara ha bisogno di cure complesse, la risposta dello Stato fa la differenza. E forse, dopo anni di incertezza, qualcosa si sta finalmente muovendo nella giusta direzione.

Malati di Alzheimer che dimentica le cose
Malati di Alzheimer e RSA: questa sentenza fa la differenza

Antonia era una professoressa di lettere. Oggi, a 79 anni, spesso dimentica il nome della figlia. Margherita, sua nipote, fa il possibile per starle vicino, ma la situazione è diventata troppo impegnativa per gestirla a casa. Anche Carmine ha vissuto una storia simile: sua madre, affetta da morbo di Alzheimer, ha avuto bisogno di un ricovero in RSA. Il problema? La retta mensile, che supera facilmente i 3.000 euro. Una cifra che per molte famiglie significa dover fare scelte drastiche, vendere casa o rinunciare ad altro.

Proprio da qui nasce la vicenda che ha portato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 525/2024, a fare chiarezza su un punto fondamentale: quando le cure offerte in RSA sono sanitarie e non solo assistenziali, è il Servizio Sanitario Nazionale a doversene fare carico. Una distinzione che sembra sottile, ma ha un impatto enorme.

Quando l’Alzheimer richiede cure complesse, non paga la famiglia

La legge è più chiara di quanto sembri, ma spesso viene applicata in modo confuso. Se il malato di Alzheimer ha bisogno di un trattamento terapeutico che comprende somministrazione di farmaci, monitoraggio medico, supporto psicologico e assistenza continuativa, non si tratta più solo di un servizio sociale. È una vera e propria prestazione sanitaria, quindi a carico dello Stato.

Anziani in una RSA
Quando l’Alzheimer richiede cure complesse, non paga la famiglia-crypto.it

Questo è il punto centrale della sentenza della Cassazione, che ha dato ragione a Carmine. Dopo mesi di battaglia legale, è stato riconosciuto che sua madre stava ricevendo cure sanitarie a elevata integrazione, per cui la retta non doveva essere pagata dalla famiglia. Una vittoria importante non solo per lui, ma per tutti quelli che si trovano nella stessa situazione.

Antonia, ad esempio, potrà accedere finalmente a una struttura adeguata, senza che Margherita debba rinunciare al proprio lavoro per assisterla da sola. Non è solo una questione di soldi: è una questione di giustizia e di umanità. Nessuno dovrebbe trovarsi a dover scegliere tra curare un genitore o mantenere una vita dignitosa.

Ora il messaggio è chiaro: se le cure sono complesse e non separabili dall’assistenza, è il SSN che deve coprire i costi. Non si tratta di un favore, ma di un diritto riconosciuto. E forse, questa volta, non sarà necessario affrontare nuove battaglie per farlo valere.

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