Alle 17 odierne è stata convocata la FED: Dopo l’ondata di ribassi innescata dai dazi di Trump, gli occhi sono ora puntati su Jerome Powell e sulle prossime mosse della Federal Reserve. Il mercato scommette su un taglio dei tassi, ma la Fed potrebbe decidere diversamente. Ecco perché.
Mentre gli investitori fanno i conti con il crollo dei mercati dopo l’annuncio delle nuove tariffe statunitensi, la scena si sposta sulla Federal Reserve. La politica monetaria guidata da Jerome Powell si trova in un momento delicato: da un lato c’è la pressione del mercato per un allentamento, dall’altro il rischio concreto di alimentare l’inflazione. Dopo i dazi imposti dal presidente Donald Trump – che secondo alcuni analisti potrebbero spingere l’inflazione statunitense fino al 5% – si è aperta una nuova fase di instabilità.

Le Borse restano volatili e la fiducia delle imprese è in calo. Alcuni analisti, tra cui quelli di Investing.com, segnalano un’accresciuta attenzione alle prossime decisioni della Fed, considerata sempre più l’ago della bilancia per l’economia.
Le aspettative del mercato e la cautela della Fed
Subito dopo gli annunci di Trump, gli investitori hanno iniziato a prezzare un cambio di rotta da parte della Federal Reserve. Secondo dati pubblicati da Investing.com, il mercato sconta ora quattro tagli dei tassi entro la fine del 2025, rispetto ai tre attesi prima dell’annuncio dei dazi. Il primo taglio è atteso a giugno, seguito con buona probabilità da un secondo a luglio. Questo scenario riflette le crescenti preoccupazioni per una possibile recessione e per gli effetti dei dazi sull’economia statunitense.

Tuttavia, la Fed potrebbe non seguire questo copione. Molti membri del FOMC si sono espressi con prudenza nelle ultime settimane, sottolineando i rischi di un taglio prematuro dei tassi. Powell stesso ha affermato che la banca centrale “può permettersi di attendere”. Una posizione confermata anche da fonti interne riportate da MarketWatch e APNews, che vedono una Fed più concentrata sui dati relativi all’inflazione core e all’occupazione. L’obiettivo resta l’inflazione al 2%, e secondo Powell, le decisioni non verranno influenzate dalle pressioni politiche, nemmeno da quelle arrivate da Trump, che ha chiesto esplicitamente un taglio.
Dazi, lavoro e fiducia: un mix esplosivo
I segnali macroeconomici mostrano un quadro contraddittorio. La crescita dei posti di lavoro ha superato le attese a marzo, ma il tasso di disoccupazione è salito al 4,2%. Questo, unito al calo della fiducia delle imprese e all’aumento dei costi dovuto alle tariffe doganali, rende più difficile il compito della Fed.
Secondo Investing, se la politica monetaria sarà meno espansiva del previsto, gli investitori potrebbero percepire la fine della “rete di sicurezza” garantita dalla Fed. Ciò potrebbe innescare ulteriori ribassi sui mercati azionari, già fragili. Tuttavia, alcuni esperti ricordano che storicamente le recessioni accompagnano le fasi negative di Borsa, ma non sempre sfociano in crisi durature. Anche in contesti avversi, il comparto azionario può offrire opportunità selettive, soprattutto nei settori più difensivi.
Con la Federal Reserve sotto pressione, Powell potrebbe decidere di sorprendere. Ma per ora, più che stimolare i mercati, sembra deciso a non compromettere ulteriormente la stabilità dei prezzi.