Trump, da “Crypto President” a rischio per i mercati: come i nuovi dazi potrebbero danneggiare il futuro globale delle criptovalute
La proposta dei dazi del “Liberation Day” di Trump potrebbe ridefinire gli equilibri del commercio internazionale. E per il settore crypto, le conseguenze non sarebbero affatto neutre. Tra volatilità, pressioni su mining e incertezza regolatoria, ecco perché gli analisti temono un impatto duraturo sul mondo delle criptovalute.
Negli ultimi anni il rapporto tra Donald Trump e le criptovalute è cambiato radicalmente. Una volta soprannominato “Crypto President” per la sua apertura all’innovazione finanziaria, oggi l’ex presidente USA torna a far discutere con la proposta dei nuovi dazi “Liberation Day Tariffs”. Una mossa che, secondo diversi analisti, potrebbe avere ripercussioni globali sul mercato crypto, in un momento già segnato da forte incertezza e rinnovate tensioni internazionali.

Il 2 aprile 2025 è la data chiave. In quel giorno, secondo il Financial Times, Trump dovrebbe annunciare dazi reciproci verso i principali partner commerciali, nel tentativo di “liberare l’America dalla dipendenza estera”. Ma l’obiettivo politico si traduce in effetti economici potenzialmente destabilizzanti, soprattutto per gli asset digitali, che sempre più si muovono in sintonia con l’umore macroeconomico.
Criptovalute e dazi: un legame meno indiretto di quanto sembri
Molti ritengono che le criptovalute siano al riparo da tensioni geopolitiche. Ma secondo Barron’s, dopo le prime indiscrezioni sulle tariffe, Bitcoin ha perso lo 0,7%, Ethereum l’1,9% e XRP il 3,7%. Una reazione che rivela come l’incertezza macro impatti sempre più sul comparto. Gli investitori, in particolare quelli istituzionali, tendono a ridurre l’esposizione su asset percepiti come volatili quando si alza il rischio sistemico.
Come riportato da FXStreet, le tariffe sull’hardware tecnologico, in particolare semiconduttori e componenti per il mining, potrebbero aumentare i costi per i miner, riducendone la redditività e la sicurezza della rete. Molti operatori basano la propria attività su importazioni da Paesi asiatici, e tariffe aggiuntive rischiano di alterare completamente i margini.

Il rischio più ampio, evidenziato da Business Insider, è che un contesto di protezionismo possa portare a una frenata nella diffusione della blockchain, specialmente nei mercati emergenti, e ad una “recessione regolatoria” globale. Le tensioni commerciali potrebbero tradursi in nuove barriere per le transazioni internazionali in crypto, o addirittura in limiti alla circolazione dei capitali digitali.
Perché il settore teme le scelte di Trump
Secondo gli analisti di Nasdaq.com, le criptovalute sono considerate sempre più asset alternativi in scenari di crisi. Tuttavia, la crescente volatilità può spingere gli investitori istituzionali a ridurre l’esposizione, specie in un quadro in cui non esiste una regolamentazione armonizzata tra le principali economie mondiali.
Inoltre, politiche commerciali aggressive rischiano di bloccare le collaborazioni internazionali tra sviluppatori, exchange e piattaforme. Questo ostacola lo sviluppo di standard comuni, riduce l’interoperabilità e complica la scalabilità dei progetti. MarketWatch sottolinea come ciò possa innescare nuove restrizioni sulle transazioni digitali, danneggiando sia i piccoli utenti sia le imprese più strutturate.
Il settore crypto ha bisogno di regole chiare, accesso a infrastrutture tecnologiche e interoperabilità. Se le barriere aumentano, la conseguenza potrebbe essere una nuova frammentazione. In questo scenario, Trump rischia di non essere più il “Crypto President”, ma piuttosto l’uomo che ha spinto l’industria a ripensare il suo futuro globale.