C’è una cosa che molti ignorano quando si parla di eredità: non tutto ciò che si riceve in vita da un genitore deve essere restituito dopo la sua morte. In certe situazioni, quei soldi non sono regali, ma servono semplicemente a far funzionare la vita di tutti i giorni.
E se tra fratelli nascono litigi su chi ha preso cosa, la risposta può arrivare direttamente dalla Cassazione, che ha chiarito quando il denaro dato da un genitore convivente non va imputato all’eredità. Una recente ordinanza ha fatto luce su questo tema delicato e molto più comune di quanto si pensi.
Iolanda ha vissuto per anni con la madre, dividendosi tra bollette, spesa, medicinali e tutto ciò che serviva per mandare avanti la casa. La pensione della madre contribuiva alle spese comuni, mese dopo mese, senza troppi discorsi. Dopo la morte della donna, però, i fratelli di Iolanda hanno fatto causa: volevano che lei restituisse tutte le somme ricevute, sostenendo che si trattasse di un anticipo sull’eredità. Una situazione tutt’altro che rara, che ha portato la questione davanti alla Corte di Cassazione.
Il caso di Iolanda e Domenico, suoi fratelli, è solo uno tra tanti che riguardano il delicato confine tra affetto, aiuto e diritto. Ed è stato regolato dall’ordinanza n. 18814/2023 della Cassazione, che ha fatto chiarezza su una domanda tanto semplice quanto fondamentale: quando i soldi dati dal genitore al figlio convivente vanno restituiti come parte dell’eredità?
La Corte ha stabilito un principio che fa la differenza: non ogni contributo economico dato da un genitore a un figlio con cui vive è una donazione. Anzi, nella maggior parte dei casi si tratta di semplici trasferimenti legati alla convivenza, al sostegno reciproco, all’organizzazione della vita quotidiana.
Perché se un padre o una madre partecipa alle spese di casa dove vive con il figlio, questo non vuol dire che stia “regalando” qualcosa.
Perché si possa parlare davvero di donazione, serve la prova di uno spirito di liberalità, cioè l’intenzione precisa di arricchire qualcuno senza ricevere nulla in cambio. Ed è proprio questo che manca in casi come quello di Iolanda. La Cassazione ha infatti stabilito che se non si dimostra chiaramente che i soldi sono stati dati come regalo, non si può pretendere che vengano restituiti.
Questa decisione cambia molto anche per chi si occupa dei genitori anziani. Spesso i figli conviventi si fanno carico di mille incombenze: dalle faccende domestiche all’assistenza vera e propria. In cambio, possono ricevere un aiuto economico che serve solo a mantenere in piedi una vita condivisa. Non è un extra, non è un privilegio: è una forma di equilibrio familiare. E la legge ora lo riconosce.
Alla fine, la sentenza dice qualcosa che va oltre il diritto: non tutto si misura con il denaro. Le relazioni familiari, soprattutto quando si vive insieme, sono fatte di gesti concreti, non sempre documentabili. Eppure, contano. Se hai mai vissuto una situazione simile, saprai quanto possa essere doloroso discutere su ciò che un genitore ha dato in vita. Ma ora, almeno, c’è una guida più chiara. E forse, può aiutare a evitare che la giustizia diventi solo una questione di calcoli.
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