Paghi troppo l’università? Forse è illegale e non lo sai

Quanto può davvero chiedere un’università agli studenti? Una recente sentenza ha sollevato più di una questione scomoda. E se l’ateneo supera un limite fissato dalla legge?

Due ragazzi universitari, leggendo una notizia su una trecente sentenza del Consiglio di Stato,  hanno scoperto qualcosa di inaspettato nei bilanci dell’università. Il loro dubbio li ha portati dritti dall’avvocato.

Studentessa universitaria
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E quello che hanno scoperto potrebbe riguardare migliaia di studenti. La parola chiave? Autonomia finanziaria degli Atenei. E non tutto è come sembra.

Quando l’autonomia non è assoluta: cosa dice davvero la legge

Fausto e Antonia, studenti di Scienze Politiche a Torino, erano seduti al tavolo della mensa quando hanno letto la notizia. L’Università di Torino avrebbe richiesto agli studenti più di quanto fosse consentito dalla legge. “Ma come, c’è un limite a quanto possiamo pagare di tasse?”, si sono chiesti. Non ci avevano mai pensato. Come molti, avevano sempre dato per scontato che le cifre stabilite dall’ateneo fossero corrette.

Aula universitaria
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Qualcosa però non tornava. Avevano letto che c’era stata una sentenza del Consiglio di Stato che obbligava l’università a ripristinare una cifra altissima agli studenti iscritti nel 2018. Decisero così di fare una chiacchierata con l’avvocato di famiglia. Il risultato? Uno scenario che non avevano considerato, e che ha ribaltato la loro percezione del rapporto tra università e diritto allo studio.

Non era solo una questione di numeri, ma di principio. Se davvero esiste un limite legale alla contribuzione studentesca, come poteva l’università averlo superato senza che nessuno dicesse nulla? E, soprattutto, poteva capitare di nuovo?

Parlando con l’avvocato, Fausto e Antonia hanno scoperto che sì, l’autonomia finanziaria degli atenei pubblici è garantita dalla Costituzione, ma non è affatto illimitata. Esiste una norma precisa, e risale al 1997. Esiste una norma precisa, e risale al 1997. Si tratta dell’art. 5 del DPR n. 306, che stabilisce un tetto massimo: le università non possono chiedere agli studenti contributi superiori al 20% dei fondi statali ricevuti. Questo vincolo ha uno scopo molto chiaro: impedire che gli studenti debbano pagare per il sottofinanziamento del sistema universitario.

Il fatto

Nel caso specifico dell’Università di Torino, nel 2018 aveva ricevuto circa 277 milioni di euro dal Fondo di finanziamento ordinario. Ciò significava che avrebbe potuto chiedere agli studenti un massimo di 55 milioni. Invece, ne ha incassati 94. Una differenza enorme, pari a 39 milioni, che il Consiglio di Stato ha riconosciuto come contributo studentesca fuorilegge. La sentenza ha imposto la restituzione di quei soldi agli studenti iscritti in quell’anno accademico.

Fausto era incredulo. “Ma allora forse abbiamo pagato più del dovuto anche noi?”. Antonia lo guardava in silenzio, mentre l’avvocato spiegava che probabilmente sì, e che la questione riguardava anche molti altri atenei in Italia. Un’intera generazione di studenti potrebbe aver contribuito oltre i limiti fissati dalla legge.

Oltre Torino: un problema nazionale che chiama in causa il diritto allo studio

L’avvocato aveva aggiunto qualcosa che li aveva colpito: “La vera battaglia è tra chi considera l’università un diritto e chi la tratta come un servizio a pagamento”. Una frase semplice, ma potente. E riflettendo su questo, Fausto e Antonia si sono resi conto che il problema non era solo economico, ma culturale e politico.

Secondo i dati dell’ Unione degli Universitari , almeno 18 atenei avrebbero superato il tetto del 20%. Alcuni lo avrebbero fatto in modo mascherato, escludendo dal calcolo i contributi versati da studenti fuoricorso o stranieri. Ma questa pratica è stata definita illegittima dal Consiglio di Stato. E il motivo è chiaro: un’università pubblica non può comportarsi come un ateneo privato. Deve restare fedele alla sua natura, finanziata dalla fiscalità generale, non dai portafogli degli studenti.

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