La legge tutela chi assiste un familiare con grave disabilità, ma fino a che punto? Puoi uscire nel weekend? Puoi prenderti un attimo di respiro senza rischiare sanzioni? Le risposte non sono così scontate e spesso chi usufruisce del congedo straordinario si ritrova sommerso da dubbi.
Un confine sottile separa il diritto al riposo dalla possibilità di incorrere in problemi legali. Tra interpretazioni ministeriali e sentenze della Cassazione, la questione diventa più sfumata di quanto sembri. Ecco cosa dice davvero la legge e come si è espressa la giurisprudenza.

Amanda, Francesco e Nadia si trovano tutti nella stessa situazione: assistono un familiare con grave disabilità e beneficiano del congedo straordinario. Ma cosa significa esattamente “assistenza”? Francesco teme di non poter uscire neanche per una breve passeggiata, Amanda si chiede se può delegare alcune attività, mentre Nadia ha letto che si rischia addirittura una denuncia in caso di abusi. Tra normative, interpretazioni giurisprudenziali e buon senso, trovare un equilibrio tra cura e diritti non è così semplice. Vediamo come affrontare queste situazioni e quali sono i limiti reali di chi usufruisce di questo strumento.
Il diritto all’assistenza non significa reclusione
Amanda si sveglia ogni giorno alle 6 per assistere sua madre, affetta da una grave patologia neurodegenerativa. Quando ha ottenuto il congedo straordinario, pensava di dover essere sempre presente al suo fianco, senza poter mai prendere un momento per sé. Ma è davvero così?

Secondo la Cassazione, il concetto di “assistenza” non va inteso in senso rigido. L’obiettivo della legge è garantire il benessere del familiare disabile, non obbligare chi lo assiste a una presenza ininterrotta. Per questo, è perfettamente legittimo uscire per svolgere attività collegate all’assistenza, come prenotare visite, ritirare farmaci o semplicemente recuperare le energie. Un lavoratore che si dedica completamente all’assistenza senza pause rischia il burnout, compromettendo proprio quella continuità di cura che la legge vuole garantire.
Un’importante sentenza (Cass. 27232/2014) ha chiarito che chi beneficia del congedo può anche farsi aiutare da una terza persona, come una badante, purché non deleghi completamente il suo ruolo. Ciò significa che Amanda può prendersi del tempo per riposare, purché non trascuri i bisogni primari di sua madre.
Weekend e pause: cosa dice la legge?
Francesco ha un dubbio ricorrente: può uscire nel weekend o deve restare chiuso in casa? Molti pensano che il congedo straordinario implichi un vincolo totale alla presenza in casa, ma il Ministero del Lavoro ha chiarito che non ci sono regole così restrittive. Secondo l’interpello del 6 luglio 2010, n. 30, porre limiti rigidi alla gestione dell’assistenza sarebbe contrario allo spirito della legge.
Questo significa che Francesco può uscire, a patto che non trascuri l’assistenza del suo familiare. La Cassazione (sentenza n. 30676/2018) ha ribadito che l’assistenza non deve essere continua h24 e che il lavoratore ha diritto a riposarsi.
Ciò che invece è vietato è abusare del congedo per scopi estranei all’assistenza. Nadia, ad esempio, aveva pensato di approfittare di questo periodo per una vacanza di qualche giorno, ma sarebbe un errore grave. Andare in ferie durante il congedo straordinario può configurarsi come truffa aggravata, con conseguenze penali.
D’altra parte, in caso di gravi motivi di salute, è possibile assentarsi per un periodo prolungato, purché documentato. La chiave è sempre la coerenza con lo scopo del congedo: garantire continuità assistenziale senza trasformarlo in un periodo di ferie mascherate.