La carriera di un dipendente modello può essere messa a dura prova da eventi personali inaspettati. Ma è giusto perdere il lavoro se si attraversa un periodo difficile?
Annalisa, un’impiegata stimata e dedita alla sua azienda, si è trovata improvvisamente a rischio licenziamento per scarso rendimento. Il motivo? Problemi personali che hanno influito sul suo lavoro.
Annalisa non avrebbe mai immaginato di trovarsi in questa situazione. Per anni ha lavorato con impegno, dando il massimo per la sua azienda. Ma negli ultimi mesi la sua vita privata è stata stravolta: il matrimonio, che credeva solido, si sta sgretolando. Gli obiettivi aziendali, che prima raggiungeva con facilità, ora sembrano lontani. E il suo capo non ha tardato a notarlo.
Dopo una serie di richiami informali, le è arrivata la comunicazione ufficiale: il suo scarso rendimento metteva a rischio il suo posto. Annalisa si è sentita crollare il mondo addosso. Ma davvero la sua azienda può licenziarla per non aver raggiunto i target previsti?
Il mancato raggiungimento degli obiettivi aziendali può essere un motivo di licenziamento? La legge italiana stabilisce che il lavoratore subordinato non è obbligato a garantire un risultato specifico, ma deve mettere a disposizione del datore di lavoro il proprio impegno e le proprie competenze, secondo quanto previsto dal contratto collettivo.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 10640/2024, ha chiarito che lo scarso rendimento può essere causa di licenziamento solo quando esistono due condizioni fondamentali:
Nel caso di Annalisa, la sua azienda ha valutato esclusivamente i numeri, senza considerare il momento di difficoltà personale che stava attraversando. Un licenziamento in queste condizioni potrebbe essere contestato, poiché non tiene conto della reale diligenza professionale richiesta per la sua posizione.
Non basta che un dipendente non raggiunga gli obiettivi fissati dall’azienda per essere licenziato. La giurisprudenza ha stabilito che il rendimento lavorativo deve essere valutato in base a parametri oggettivi e non solo su risultati numerici.
Nel caso di Annalisa, il suo calo di performance è stato momentaneo e dovuto a un fattore straordinario, ossia la crisi coniugale. Inoltre, non era stata fornita alcuna formazione aggiuntiva o supporto per aiutarla a riprendersi. La Cassazione ha ribadito che un licenziamento per scarso rendimento deve essere motivato da un’inadempienza grave e prolungata del dipendente, non da un semplice periodo di difficoltà.
Se il rendimento di un lavoratore cala per motivi personali, il datore di lavoro dovrebbe prima intervenire con misure di supporto, come la riorganizzazione delle mansioni o la concessione di un periodo di ferie o permessi. Un licenziamento diretto, senza aver prima cercato di trovare soluzioni alternative, potrebbe essere impugnato dal lavoratore in sede giudiziaria.
Nel caso in esame, Annalisa potrebbe contestare la decisione della sua azienda, dimostrando che il calo di rendimento è stato temporaneo e che, fino a quel momento, aveva sempre lavorato con impegno. In questo modo, avrebbe buone possibilità di ottenere la reintegrazione o un risarcimento economico per il licenziamento illegittimo.
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