Sei mai stato vittima di un datore di lavoro che non ha versato i tuoi contributi? Hai scoperto tardi che il tuo estratto contributivo ha dei buchi? Oppure hai lavorato in nero e ora temi che tutto il tuo impegno non servirà a garantirti una pensione dignitosa?
Fino a ieri, queste situazioni sembravano senza via d’uscita. Ma c’è una grande novità per il 2025: l’INPS ha introdotto la possibilità di riscattare i contributi non versati, anche se già in prescrizione.
Un’opportunità attesa da migliaia di lavoratori che, come Amalia, Selene e Liberato, si trovano a fare i conti con un futuro pensionistico incerto. Ma come funziona esattamente?
Fino a oggi, se un datore di lavoro non versava i contributi previdenziali, il lavoratore poteva solo sperare che l’INPS riuscisse a recuperarli entro i termini di prescrizione (di solito 10 anni). Una volta scaduti, quei periodi di lavoro diventavano invisibili ai fini della pensione. Con la nuova norma, invece, è possibile per il lavoratore stesso recuperare quei contributi, anche se il datore di lavoro è ormai irreperibile o non più tenuto al pagamento.
Ecco come funziona:
a) il lavoratore può chiedere la costituzione di una rendita vitalizia, versando direttamente all’INPS un importo per coprire i periodi scoperti;
b) possono farlo anche i superstiti del lavoratore, nel caso in cui questi sia deceduto;
c) la misura riguarda non solo chi ha avuto un datore di lavoro inadempiente, ma anche chi ha lavorato in nero e riesce a dimostrare il rapporto di lavoro con prove documentali valide.
Questa novità è un grande passo avanti, perché permette di recuperare anni di lavoro che altrimenti sarebbero andati persi, migliorando così l’importo della pensione futura.
Uno degli aspetti più importanti di questa misura è il costo del riscatto. L’importo da versare varia in base a diversi fattori, tra cui:
a) la retribuzione percepita durante il periodo lavorativo non coperto da contributi;
b) l’aliquota contributiva in vigore per il periodo in questione;
c) l’età e la posizione assicurativa del lavoratore al momento della richiesta.
Secondo le stime fornite dall’INPS, il costo del riscatto può variare tra 5.000 e 15.000 euro per ogni anno da recuperare, ma potrebbe essere più alto o più basso a seconda delle condizioni specifiche del lavoratore. È possibile rateizzare l’importo fino a 120 mesi (10 anni), rendendo più accessibile questa possibilità anche per chi ha risorse economiche limitate.
Per ottenere un calcolo preciso, è consigliato rivolgersi a un patronato o direttamente all’INPS, che fornirà una simulazione basata sulla posizione contributiva personale.
Facciamo un esempio pratico per capire meglio come questa misura può fare la differenza.
Amalia, 60 anni, ha scoperto che il suo ex datore di lavoro non ha versato i contributi per 5 anni di lavoro come impiegata in una piccola azienda. Con la nuova normativa, può riscattare quei contributi e avvicinarsi alla pensione con un importo più alto.
Selene, 45 anni, ha lavorato in nero per 7 anni in un negozio. Ora ha raccolto prove (vecchie buste paga informali, testimoni) e può chiedere il riscatto dei contributi per non perdere quegli anni di lavoro.
Liberato, 66 anni, è già in pensione ma ha scoperto che il suo assegno è più basso del previsto a causa di contributi mai versati. Grazie alla rendita vitalizia, può integrare la pensione.
Questi casi dimostrano quanto sia importante controllare il proprio estratto contributivo e agire in tempo
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