Il taglio dell’IVA su assorbenti e pannolini torna al centro del dibattito politico ed economico. Dopo una breve riduzione al 5%, l’aliquota è stata riportata al 10%, sollevando interrogativi su chi realmente beneficerebbe di un ulteriore abbassamento e quanto inciderebbe sul bilancio dello Stato.
Negli ultimi anni, l’IVA su assorbenti, pannolini e altri prodotti per la cura della persona è stata oggetto di modifiche. Inizialmente fissata al 22%, nel 2023 è stata ridotta al 5% con l’obiettivo di alleggerire il carico economico sulle famiglie e contrastare la cosiddetta tampon tax.
Tuttavia, con la Legge di Bilancio 2024, l’aliquota è stata riportata al 10%, una decisione che ha suscitato non poche polemiche tra consumatori e associazioni. Il governo ha giustificato questa scelta con la necessità di recuperare risorse finanziarie, sostenendo che la precedente riduzione non si fosse tradotta in un effettivo calo dei prezzi al dettaglio.
Ridurre ulteriormente l’IVA su assorbenti e pannolini avrebbe un costo significativo per le finanze pubbliche. Secondo alcune stime, riportare l’aliquota al 5% comporterebbe una perdita di entrate fiscali pari a centinaia di milioni di euro all’anno. Per lo Stato, queste risorse potrebbero essere destinate ad altri settori critici come la sanità , l’istruzione o il sostegno alle famiglie. Tuttavia, le associazioni a tutela dei consumatori sostengono che l’impatto sui bilanci delle famiglie sarebbe più rilevante rispetto alle entrate fiscali mancanti.
Uno degli elementi più discussi riguarda la reale incidenza dell’IVA sul prezzo finale di pannolini e assorbenti. Ad esempio, su un pacco di pannolini da 6,50 euro, l’IVA al 10% pesa per circa 0,65 euro, mentre al 5% l’incidenza si ridurrebbe a 0,32 euro, con un risparmio di circa 0,33 euro a pacco. Molti esperti ritengono che, sebbene la cifra possa sembrare modesta, su base annua il risparmio per le famiglie potrebbe essere significativo, specialmente per chi ha bambini piccoli o per chi necessita di prodotti igienici su base regolare.
Il vero problema sollevato dagli analisti è chi realmente beneficerebbe del taglio IVA. In teoria, dovrebbero essere i consumatori, ma nella pratica non è sempre così. La precedente riduzione dell’IVA al 5% non si è tradotta in una corrispondente diminuzione dei prezzi al dettaglio, poiché molti rivenditori hanno mantenuto i prezzi invariati, assorbendo il vantaggio fiscale. Questo significa che, senza adeguati controlli sui prezzi, una nuova riduzione dell’IVA potrebbe avvantaggiare più la grande distribuzione che le famiglie.
Per evitare questa situazione, alcuni esperti suggeriscono l’introduzione di meccanismi di monitoraggio che garantiscano che il taglio dell’IVA si traduca in un effettivo abbassamento dei prezzi per i consumatori. Una delle soluzioni potrebbe essere un accordo con i produttori e i rivenditori affinché la riduzione dell’aliquota venga interamente trasferita sul costo finale al pubblico.
L’abolizione o la riduzione della tampon tax è un tema che coinvolge non solo aspetti fiscali, ma anche questioni di equità di genere. In molti Paesi europei, i prodotti per l’igiene femminile godono di un’IVA ridotta o addirittura nulla, riconoscendo la loro essenzialità . L’Italia, con un’aliquota al 10%, si trova in una posizione intermedia rispetto ad altri Stati, ma c’è ancora margine per migliorare e rendere questi beni più accessibili a tutte le fasce della popolazione.
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