Ti sei mai chiesto quali siano i diritti riconosciuti a chi vive una convivenza di fatto in Italia? Grazie alla Legge Cirinnà, anche i conviventi di fatto possono contare su importanti tutele e come la normativa italiana valorizza i legami affettivi fuori dal matrimonio.
Quando si parla di convivenza di fatto, spesso ci si concentra sull’aspetto affettivo, dando per scontato che tutto il resto si sistemi da solo. Tuttavia, la legge italiana ha introdotto una serie di regole specifiche che tutelano i conviventi di fatto, ponendo limiti e riconoscendo diritti che fino a pochi anni fa erano impensabili.
Pensiamo, ad esempio, al diritto di assistere il partner in ospedale o alla possibilità di continuare a vivere nella casa comune anche dopo eventi drammatici. Non è sempre facile orientarsi tra i dettagli della normativa, ma conoscere queste tutele può fare una grande differenza nella vita quotidiana. La Legge Cirinnà del 2016 ha segnato un importante punto di svolta, aprendo la strada a un nuovo modo di riconoscere e proteggere le coppie non sposate. Scopriamo insieme cosa significa in pratica.
I diritti di assistenza e abitazione per i conviventi di fatto
Uno dei diritti fondamentali riconosciuti ai conviventi di fatto riguarda l’assistenza sanitaria e la rappresentanza legale in situazioni di emergenza. Grazie alla Legge Cirinnà, il convivente può visitare il partner in ospedale e prendere decisioni cruciali sulla sua salute, purché sia stato formalmente designato. Questo aspetto è particolarmente importante in caso di malattie o situazioni critiche, dove un legame affettivo forte merita di essere tutelato.
Un caso pratico? Pensa a Francesco e Maria, conviventi da dieci anni. Quando Francesco subisce un incidente e non può esprimersi, Maria, grazie alla designazione fatta in precedenza, può rappresentarlo nelle decisioni sanitarie. Questo diritto non è automatico: occorre un atto scritto per formalizzare la rappresentanza, evitando problemi legali.
Un’altra protezione riguarda l’abitazione comune. Se l’immobile è in affitto e il titolare del contratto muore, il convivente superstite può subentrare. In caso di proprietà, il convivente superstite ha diritto a continuare a vivere nella casa comune per un massimo di cinque anni, salvo la presenza di figli minori o disabili, che estendono la durata di questa tutela. Ad esempio, Giulia, convivente di Luca, può restare nella loro casa di proprietà dopo la sua morte, continuando a occuparsi del loro figlio disabile senza dover affrontare un trasferimento immediato.
Contratti di convivenza e permessi lavorativi: strumenti essenziali
I contratti di convivenza offrono un’opportunità unica per regolare gli aspetti economici e patrimoniali della relazione. Con un accordo scritto, i conviventi possono decidere come dividere i beni e stabilire eventuali indennizzi in caso di separazione. Questo strumento è particolarmente utile quando ci sono squilibri economici o quando uno dei due partner contribuisce alle spese domestiche senza essere titolare della casa.
Per esempio, Marco e Alessandra convivono nella casa di proprietà di Marco. Alessandra contribuisce alle spese di ristrutturazione e manutenzione. Con un contratto di convivenza, possono stabilire che, in caso di separazione, Alessandra riceverà un indennizzo per il suo contributo. Questo tipo di accordo riduce i conflitti e tutela entrambe le parti.
Un altro aspetto cruciale riguarda i permessi lavorativi. La sentenza della Corte Costituzionale e le circolari INPS hanno esteso ai conviventi i permessi della Legge 104/1992 per assistere il partner con disabilità grave. Tuttavia, i conviventi non possono accedere al congedo straordinario, riservato ai coniugi e alle unioni civili. Ad esempio, Luca, convivente di Anna, affetta da una grave disabilità, può ottenere permessi retribuiti per assisterla, ma non un congedo più lungo. Questa differenza sottolinea i limiti ancora presenti nella normativa.
Il convivente ha diritto a tre giorni di permesso retribuito al mese, come previsto dall’articolo 33 della Legge 104/1992. Ecco cosa di deve fare:
dichiarazione anagrafica: per essere riconosciuto come convivente di fatto, è necessario che la coppia presenti una dichiarazione di convivenza presso il Comune di residenza, come stabilito dalla Legge Cirinnà.
Certificazione della disabilità: ll partner deve essere riconosciuto con disabilità grave ai sensi della Legge 104/1992, attraverso la valutazione delle commissioni mediche competenti.
Sebbene i conviventi di fatto abbiano diritto a questi permessi, non possono accedere al congedo straordinario retribuito, riservato a coniugi e parti di unioni civili. Inoltre, i conviventi possono utilizzare i permessi solo per assistere il partner, ma non per i suoi parenti, poiché non si crea un rapporto di affinità legale.
I diritti dei conviventi di fatto, pur con qualche esclusione, rappresentano un passo avanti importante per chi sceglie questa forma di unione. Conoscere e sfruttare al meglio queste tutele può rendere la convivenza più serena e sicura.