Sono tante le persone che ancora adesso lavorano in smart working, la legge parla chiaro chi lo fa può vantare un diritto importante.
Nel periodo in cui erano in vigore le restrizioni introdotte per fermare la diffusione del Covid era fondamentale ridurre il più possibile gli spostamenti, per questo tanti hanno sperimentato in prima persona cosa significhi lavorare in smart working. Questo era ovviamente possibile soprattutto per chi svolge un compito in ufficio, a condizione ovviamente di essere in possesso di un computer, anche se pochi erano a conoscenza dei diritti e doveri previsti dalla legge per questa modalità.
Un sistema come questo può rivelarsi comunque comodo, visto che non richiede di fare levatacce per raggiungere l’azienda, con il rischio di restare imbottigliati nel traffico e arrivare in ritardo. Non solo, tanti scelgon di indossare anche un “abbigliamento comodo” non avendo la necessità di incontrar altre persone. Non a caso, c’è chi ha poi fatto richiesta alla propria aziende di continuare in questo modo e lo fa ancora oggi.
Troppo spesso si tende a pensare che chi lavora in smart working abbia soprattutto vantaggi, per questo si dà poca attenzione al rispetto degli orari e si crede che un dipendente possa essere sempre disponibile, proprio perché sta svolgendo il suo compito a casa. Questo è valido solo fino a un certo punto, lo stipendio resta in genere lo stesso rispetto a quando ci si reca in ufficio, per questo non si può venire meno al rispetto dei diritti del lavoratore.
Le persone che operano in questo modo sono tante, per questo la legge ha voluto intervenire a riguardo così da mettere in chiaro alcuni dubbi e sapere quando si possa far valere la propria posizione. Pensare che si possa parlare di infortunio sul lavoro, concetto valido anche se ci si fa male mentre si sta arrivando in azienda, sembra impossibile, invece non è assolutamente così.
Si può parlare infatti di infortunio sul lavoro, più precisamente di infortunio in itinere (evento accidentale che può colpire un lavoratore mentre si sposta tra casa e luogo di lavoro e viceversa) anche quando chi lavora in smart working si fa male perché si sposta da casa per andare a prendere i figli a scuola. A sancirlo è stata una sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 16 settembre 2024, secondo cui una dipendente ha comunque diritto all’indennizzo da parte dell’Inail.
In linea generale non sono previsti risarcimenti per gli infortuni che si verificano in seguito a deviazioni o interruzioni che non sono legate al lavoro o che non sono necessarie, non devono quindi esserci variazioni nel tragitto casa-lavoro se non ci sono motivazioni valide. La recente decisione del Tribunale milanese ha però scardinato molte convinzioni, compreso quanto messo in evidenza dall’Inail, che aveva detto no a una richiesta presentata da una donna che nel 2020 era in smart working, ma aveva avuto un problema fisico mentre si recava all’istituto dei figli.
La Cassazione ha ora espresso un giudizio che è destinato a fare giurisprudenza e che permetterà di eliminare ogni diatriba a riguardo. Non si ha diritto ad alcuna cifra, secondo la Suprema Corte, solo se il lavoratore ha deviato dal normale percorso casa – lavoro, ponendosi in una situazione di rischio elettivo. Ed è sulla base di questo principio che il Tribunale ha dato ragione alla dipendente, precisando che le tutele per gli incidenti restano valide anche durante le pause e i permessi previsti dalle normative e dai contratti collettivi, anche nel caso di lavoro agile.
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