Ci sono importanti novità sul fronte dell’assegno unico: ecco tutte le modifiche in cantiere per il prossimo anno.
Sono molti gli italiani che hanno beneficiato dell’assegno unico, un contributo in molti casi fondamentale per far quadrare i conti alla fine del mese. Ma dal prossimo anno (probabilmente) si cambia: la platea dei contribuenti che potrà avere accesso a tale aiuto non sarà più la stessa. Vediamo nel dettaglio le modifiche a cui sta lavorando il governo.
Per il momento l’ipotesi che sta prendendo piede è quella di far scattare alcune maggiorazioni dal secondo e dal terzo figlio, ma sono allo studio anche altre soluzioni per ampliare la platea di beneficiari. L’eliminazione dei titoli di Stato dal calcolo dell’Isee determina un abbassamento dell’indicatore e, di conseguenza, un aumento dell’assegno.
Ma non dimentichiamo che l’Italia è sottoposta a una procedura d’infrazione da parte dell’Ue per aver negato la misura ad alcune categorie. Di qui la possibilità che il governo decida di estendere l’assegno anche a queste ultime, onde evitare pesanti sanzioni.
Ricordiamo innanzi tutto che l’Assegno unico e universale è un beneficio economico per tutte le famiglie che abbiano figli a carico. A partire dallo scorso marzo, chi già beneficia dell’assegno non ha bisogno di rinnovare la domanda: l’Inps lo corrisponde d’ufficio.
L’importo va da un minimo di 54,05 euro a un massimo di 189,20 al mese, per ogni figlio minorenne a carico. Per i figli a carico di età compresa tra 18 e 21 anni gli importi oscillano da un minimo di 27 a un massimo di 91,90 euro al mese. L’assegno spetta a tutti i nuclei familiari indipendentemente dalla condizione lavorativa dei genitori e senza limiti di reddito.
Un’importante novità è, come accennato, l’eliminazione dei titoli di Stato dal calcolo dell’Isee. L’esclusione vale fino a un importo massimo di 50mila euro, e riguarda anche altri titoli garantiti dallo Stato, come libretti e i Buoni postali. Ma la Relazione tecnica sulla legge di Bilancio ha evidenziato che la maggior parte di queste prestazioni prevede livelli di Isee “decisamente contenuti”, per cui gli effetti, sia in termini di finanza pubblica sia di accesso e/o aumento della prestazione stessa, sono trascurabili.
Quanto alla procedura d’infrazione aperta dall’Ue contro l’Italia, riguarda la mancata erogazione dell’assegno unico nel caso di genitori richiedenti non residenti in Italia da almeno due anni e di mancata convivenza con i figli. Due categorie per le quali ora si apre, come detto, un nuovo spiraglio. La normativa italiana si pone infatti in contrasto con quella comunitaria, determinando una discriminazione tra cittadini Ue, e in conflitto con il regolamento sulla sicurezza sociale che vieta qualsiasi requisito di residenza ai fini dell’accesso a prestazioni di sicurezza sociale (come appunto gli assegni familiari).
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