Il Governo non fa marcia indietro: pesanti tagli sulle pensioni di alcune categorie di lavoratori. Alcuni, però, verranno risparmiati.
Giorgia Meloni e la sua squadra di Governo non cedono alle richieste dei sindacati: nel 2024 le pensioni di determinate categorie lavorative verranno tagliate. Solo in pochi saranno risparmiati.
Il Governo Meloni necessita di trovare risorse e sembra che la miniera più fruttuosa sia quella delle pensioni. Per poter aumentare le pensioni delle fasce più basse è stato necessario introdurre penalizzazioni e requisiti più stringenti per accedere alla pensione in anticipo. Ma non solo: dal 2024 alcune categorie di lavoratori dovranno tenersi pronte a ricevere, quando sarà il momento, assegni previdenziali molto più bassi rispetto a quelli che avevano calcolato.
Secondo le prime stime, le perdite potrebbero arrivare anche fino a 7000 euro l’anno. Questo permetterà all’Esecutivo di Giorgia Meloni di recuperare almeno 2,2 miliardi di euro necessari per misure a sostegno delle famiglie.
Tagli sulle pensioni: ecco cosa succederà
Il Governo Meloni non arretra di un millimetro. Scioperi e pressioni da parte dei sindacati non sembrano distogliere l’Esecutivo dal suo obiettivo: recuperare risorse tagliando sulle pensioni. Tuttavia alcuni lavoratori si salveranno.
I lavoratori che vedranno assegni previdenziali molto più bassi del previsto sono i medici, gli ufficiali giudiziari, i dipendenti degli enti locali e i docenti di scuole materne e primarie parificate. Il Governo ha deciso che gli assegni previdenziali di queste categorie saranno interamente ricalcolati con il sistema contributivo puro a partire dal 2024. A prescindere da quando costoro hanno iniziato a lavorare, non verranno prese in considerazione le quote retributive.
Il sistema contributivo- introdotto nel 1996 dalla riforma Dini – è molto meno vantaggioso per i lavoratori rispetto al sistema retributivo o misto. Infatti non tiene conto della media delle retribuzioni percepite ma considera solo l’insieme dei contributi versati durante la carriera lavorativa e l’età in cui una persona va in pensione. In pratica, con il sistema contributivo puro, l’insieme dei contributi – detto anche “montante contributivo”- viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione che aumenta con l’aumentare dell’età a cui una persona va in pensione.
Pochi contributi o uscire prima dal lavoro, quindi, comportano avere pensioni più basse. Nel caso dei dipendenti statali a cui il Governo ha deciso di ricalcolare gli assegni previdenziali per intero con il sistema contributivo, sono state stimate perdite fino a 7000 euro l’anno sulla pensione.
Non tutti però saranno penalizzati. Si salverà chi maturerà i requisiti per la pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2023 e andrà, quindi, in pensione nel 2024. E si salveranno anche tutti coloro che hanno iniziato a versare i contributi prima del 1981. I tagli sugli assegni previdenziali, infatti, riguarderanno solo medici, ufficiali giudiziari, dipendenti di enti locali e insegnanti di materne e primarie parificate che hanno iniziato a versare i contributi tra il 1981 e il 1995.